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lunedì 29 agosto 2011

Microsolchi n. 20


THE CLASH –  Omonimo – 1977 - Columbia

I Clash, adesso,  per almeno quattro motivi: adesso, perché sono incazzato con il mondo; adesso, perché il Macrileo, vedendo la piega che stava prendendo il Microsolchi con gruppi non proprio glam come CCCP o Joy Division, una volta ironicamente mi disse “A quando i Clash?”; adesso, perché, mentre giungevano le notizie dei disordini scoppiati a Londra quest’estate, non potevo non pensare a questo disco (brani come “London ‘s burning” o “White riot” od il retro di copertina con la foto dei poliziotti che corrono durante un momento di guerriglia urbana);adesso, perché l’NME ha dedicato la copertina ai Clash in occasione del 35esimo anniversario della formazione della band (1976, come l’esplosione del punk cambiò la musica per sempre).

Probabilmente i giovani che hanno preso parte alla rivolta londinese dei giorni nostri  hanno come propellente un’altra musica ad esempio, come diceva un giornalista di Radiopopolare, il Dubstep (a mio parere genere soporifero e inconsistente, molto simile al Trip-hop, che però mi piaceva) che nulla ha a che vedere con il punk dei Clash.

Questo disco però, nella storia del punk, ha  lo stesso peso di “Never mind the bollocks” dei Sex Pistols e, per quanto mi riguarda, lo preferisco a quest’ultimo perché, pur nella semplicità dei “tre accordi tre”, musicalmente contiene parecchi spunti interessanti.
Il ritmo in levare di “Police & Thieves” preso a prestito dal Reaggae/Dub dei giamaicani londinesi, il riff iniziale di “I’m so bored with the USA” che è identico a quello di “Pretty vacant” dei Sex Pistols (abbassato di qualche semitono e preso a prestito forse perchè semplice da suonare) . “48 hours” mi ricorda i Ramones, gruppo punk per eccellenza.
Nel complesso il suono è ancora più scarno rispetto a  “Never mind the Bollocks” e quindi ancora più immediato, come una dose di adrenalina che entra subito in circolo.  Qui però c’è qualcosa di ancora più impattante: i testi. Urlati in faccia dalla voce potente e sguaiata di Joe Strummer ed estremamente politici: anti USA, anti establishment e molto più schierati a sinistra che quelli di qualsiasi altro gruppo punk dell’epoca.
Come esempio basta un titolo: “I’m so bored with the USA” (Grosso modo “Sono così stufo degli Stati Uniti”). Altri esempi:
Da White Riot “White Riot, i wanna riot, a riot of my own” (Rivolta, voglio la rivolta, una rivolta per conto mio)
Da Remote control– “ Who needs the Parliament, sitting making laws all day, they’re all fat and old”
Da Hate & War – “I hate all the English, I hate all the cops”
In quanto a copertina poi, un’icona del punk: l’immagine “fotocopiata” stile fanzine dei tre Clash in piedi e con aria di sfida, in un vicolo con muro di mattoni ed il retro con la foto dei Bobbies che corrono impugnando il manganello.
Ma tutto questo impegno politico come si è mantenuto nel tempo? Per i Clash c’è stata la tipica contraddizione del “ gruppo in odore di santità”, ovvero “come si concilia il ruolo di paladino degli ultimi con il conto in banca della rockstar”? Molti furono i detrattori della band, proprio per questo motivo; un po’ la stessa contraddizione  che coinvolse gli U2 dopo il successo planetario di “The Joshua Tree”, che li fece assurgere al ruolo di  “i più giusti, i più santi,  i difensori degli oppressi”.
Sicuramente per una band, quest’aura di santità, significa vendere milioni di dischi, ma alla lunga si rivela una gabbia. Pericolo che, tornando agli U2, li portò  intelligentemente a demolire se stessi e ad imboccare il percorso della svolta berlinese con “Achtung Baby”.

Per i Clash non oso dire niente, perché non li conosco così a fondo, e  tutto ciò che so l’ho appreso dalla mia curiosità personale, ma tutto sommato non sono “mio  gruppo”, anche se mi piacciono e,a detta di chi li ha visti nei live,  erano grandiosi.
Mi piace ricordare un’intervista che  Joe Strummer rilasciò prima di morire nella quale diceva che l’importante è l’avere conservato lo spirito punk dentro di sé, che non vuol dire spaccare tutto o bruciare tutto, ma avere il coraggio di essere sé stessi in ogni occasione. Cosa c’è di più punk di questo? E come sempre, è stato un piacere, Ciaooo Mauro.

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