Visualizzazioni totali

lunedì 10 gennaio 2011

Microsolchi n. 008

The Smiths – “Louder than Bombs” (vs) “Hatful of hollow” – Wea 1984

Il primo pezzo che ho sentito nel 2011, sparato a 10.000 watts dalle casse del Magnolia, dopo il fatidico 3,2,1 Auguriiii, scandito da una improbabile band di fiati meglio noti come i “Figli di madre ignota”, è stato “ASK ME, ASK ME, ASK MEEE” degli Smiths (e se il Buon giorno si vede dal mattino, quale migliore augurio!).
Avrei voluto parlare prima degli Smiths, solo che davo per scontato che il pubblico “gaio”dei trentenni o giù di li, compreso gli indie kids ventenni, già li conoscesse a memoria, come è giusto che sia; ma si sa, soprattutto in campo musicale, “la gente sono ignoranti”e quindi è sempre meglio diffondere il verbo (sono al delirio!) e parlarvi di  un gruppo della mia triade musicale di riferimento di sempre  (ex equo con Cure e Joy division a cui aggiungerei gli U2 fino a “Pop” del 1997).
“Ask” è un singolo dell’84 non contenuto in “The Queen is Dead”, l’album di quel periodo, con lato B “Cemetry Gates” (sto andando a memoria, giuro, quindi potrei anche sbagliarmi sul lato b, ma non credo, Fuck Wikipedia!); questo solo per rendersi conto del livello qualitativo dei loro 45 giri.
Perché un singolo per parlare degli Smiths? Tra l’altro neanche il mio preferito? Solo a causa del capodanno col botto del Magnolia?Nooo.
Perché gli Smiths sono sempre stati una band da singolo, e, nonostante gli ottimi 4 dischi ufficiali, sui singoli hanno sempre messo le cose migliori, che molto spesso non finivano negli album.
Le copertine dei singoli  degli Smiths (ancora meglio in versione 12 pollici, il nostro mix) erano quasi sempre dei fermo immagine in bianco e nero di film, virati in giallo rosso verde etc. ed  erano importanti quanto la musica che contenevano; queste immagini ti davano l’impressione straniante di una vecchia foto ingiallita, magari anche brutta, ma che non potevi fare a meno di guardare e di esserne colpito (per farvi un’idea andate su http://www.vulgarpicture.com/).
Mi ricordo “Barbarism begins at home” un brano “dancettaro” con in copertina una specie di valchiria in minigonna e stivaloni davanti ad un paesaggio industriale, oppure “Heaven knows i’m miserable now” con una “sciura” in paltò e parruccone biondo che posa davanti ad una strada piena di buche e di fango, o il soldatino giovane con scritto sull’elmetto “Meat is murder” (anche qui mi sono fidando della mia memoria, No Wikipedia né Wikileaks!).
Nei loro cinque/sei anni di vita gli Smiths fecero uscire una miriade di singoli, tutto questo perché Morrisey, per le pecorelle smarrite, il loro cantante, nonché autore dei testi, nonché guru per molti di noi, ha sempre amato la cultura della musica pop del periodo di Elvis, quando le popstar facevano uscire un 45 giri al mese ed assurgevano a status di semidei.
E gli Smiths erano “il” gruppo Pop, nella sua accezione più alta.
La loro invenzione, oltre ai titoli chilometrici, (che ne dite di “Stop me if you think that  you have heard this one before”?) è stata quella di abbinare delle melodie orecchiabili, come nel miglior pop dei Beatles,  a dei testi che denunciano senza mezzi termini e con estremo realismo la drammaticità della vita e della condizione umana, soprattutto di un omosessuale come Morrisey nella Manchester di allora.
L’effetto e quello di avere l’impressione di ascoltare una bella “canzoncina”, poi ascolti i testi e parlano di “Girlfriend in a coma” o di “Sweet and tender hooligan” o dicono “You should be bludgeoned in your bed (dovresti essere massacrato di botte nel tuo letto, da “Bigmouth strikes again”).
Tutto questo sulla chitarra di Johnny Marr, a mio avviso “il chitarrista”; la sua caratteristica è proprio la raffinatezza del modo di suonare e la capacità di trovare sempre l’arpeggio o la frase musicale che, messa al momento giusto del brano, lo eleva a livelli di perfezione.
Per gli altri due componenti del gruppo, Andy Rourke il bassista, e Mike Joyce il batterista, si tratta della solita “botta di culo”  che il destino riserva ad alcuni musicisti (vedi Ringo Starr dei Beatles) di entrare, per caso, a far parte della leggenda.
In conclusione, per il Microsolchi n. 8 ho scelto proprio quei due album, perché sono le prime due raccolte di singoli che gli Smiths fecero uscire nel 1984, oltre ad essere parte integrante  della loro discografia e forse ciò che meglio potrebbe rappresentarli (non si contano i greatest hits pubblicati dopo la fine del gruppo, a memoria cinque, ma saranno sicuramente di più).
In “hatful” poi c’è il mio loro pezzo preferito di sempre, ovvero “What difference does it make?” proprio in quella versione li, registrato dal vivo negli studi della BBC nel programma di John Peel (altro mito).
“Ask me, Ask me, Ask meee!” e , come sempre, è stato un piacere! Buon inizio anno,
Mauro.

Nessun commento:

Posta un commento